La maggior parte dei genitori desidererebbe per il proprio figlio un’infanzia felice e piena d’amore. Nonostante le migliori intenzioni, può però capitare di avere reazioni emotive esagerate, spesso rabbiose, che non si riescono a controllare e che finiscono per far sentire terribilmente in colpa.
Molti genitori, in special modo le mamme, riferiscono che proprio quel comportamento specifico del figlio li manda in bestia. Quasi come lui le facesse intenzionalmente un dispetto.
“La mattina è lentissimo e non esce mai di casa, mi sento come se volesse farmi un dispetto perché devo andare a lavorare…mi ripeto i mantenere la calma ma poi perdo la pazienza e inizio a urlare…in quel momento lo strozzerei…non capisco più niente…sono furiosa…e poi sto malissimo per averlo trattato così”
“Fa sempre i capricci davanti a tutti e io mi sento così inadeguata come mamma che inizio a urlare anche io. Lui a quel punto inizia a rotolarsi per terra e a piangere sempre più forte…più urla più mi arrabbio…non sa quanto mi vergogno ma non riesco proprio a controllarmi…”
Queste sono alcune delle situazioni tipiche che molti genitori mi raccontano in terapia.
Ma perché succede tutto questo? Perché a volte i figli fanno letteralmente perdere il controllo tirando fuori il lato peggiore dei genitori?
Spesso i genitori agiscono nella relazione con i figli le proprie questioni non risolte, che sono alla base delle reazioni emotive esagerate dinnanzi ad alcuni comportamenti dei loro bambini. Quelle emozioni incontrollabili di rabbia o anche di ansia o tristezza sono il risultato dell’attivazione dei nuclei di fragilità e delle vulnerabilità del genitore. I comportamenti dei bambini in questi casi si configurano come e veri propri “trigger”, micce che riattivano le cognizioni negative disfunzionali e le emozioni negative che il genitore si porta dietro dalla sua storia e dalle sue esperienze di vita.
Come gestire tutto questo?
Se ci rendiamo conto che le nostre reazioni di fronte ad alcuni comportamenti dei nostri figli sono esagerate e poco efficaci, con effetti negativi sulla relazione e sul benessere dei nostri bambini, possiamo iniziare a seguire alcuni suggerimenti.
- Aumentiamo l’autoconsapevolezza. Innanzitutto, cerchiamo di monitorare quelle situazioni che generalmente ci fanno saltare i nervi, facendo montare la nostra rabbia, e di identificare i primi segnali di rabbia e nervosismo. Una volta colti tali segnali, cerchiamo di prenderci una “pausa emotiva”. Le emozioni hanno un inizio, una fase intermedia, un picco e poi decrescono, è questione di tempo. Si può contare fino a cento, respirare lentamente e profondamente oppure cambiare stanza per qualche minuto. L’importante è non agire quando sentiamo che l’emozione è all’apice della sua intensità, ossia quando capiamo di essere troppo arrabbiati, agitati o tristi.
- Proviamo a riflettere sulla situazione. E’ importante provare a chiedersi quali pensieri negativi stia attivando il comportamento del proprio figlio e provare a riflettere su come potrebbe sentirsi lui. Le emozioni negative dei genitori che sentono di essere in difficoltà con il proprio figlio sono la spia luminosa che avverte e invita a connettersi con il proprio mondo interno per capire cosa stia succedendo.
- Non facciamoci massacrare dal senso di colpa, ma usiamolo come spinta al cambiamento. Il genitore perfetto non esiste! Esiste il genitore sufficientemente buono. E’ quello che si fa delle domande, che prova a capire come si possa sentire suo figlio, che si interroga sugli effetti delle proprie reazioni e su cosa può fare per migliorare la situazione.
- Cerchiamo di capire cosa ci sta dicendo nostro figlio con quel comportamento. Vedi anche: Stiamo in ascolto delle rabbie dei bambini
Qualora, nonostante i nostri sforzi, la relazione con nostro figlio continui ad essere fonte di malessere e frustrazione, si può chiedere aiuto ad un professionista. Sarà utile per capire e gestire ciò che ci sta succedendo, per poter avere con i nostri figli relazioni più serene e appaganti, fondamentali per il futuro benessere di tutta la famiglia.