LO SPAESAMENTO DEI GENITORI NEL NUOVO MILLENNIO

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Essere genitori non è mai stato semplice, ma oggi più che mai, i cambiamenti sociali stanno trasformando radicalmente il modo in cui si interpreta questo ruolo. Oggi la genitorialità si trova di fronte a nuove e complesse dinamiche, frutto di una società in continuo mutamento. 


Società liquida

Zygmunt Bauman, con la teoria della ‘società liquida’, ha gettato una luce critica sulle dinamiche sociali moderne, evidenziando la precarietà e la mutevolezza delle istituzioni, la crisi dei valori e la difficoltà di immaginare il futuro.

La società liquida compromette la stabilità e l’efficacia dei legami familiari. Bauman osserva che la famiglia tradizionale, un tempo solida, è ora influenzata dalle stesse forze di fluidità che caratterizzano la società moderna. Nel suo libro “Liquid Love”, Bauman analizza la natura effimera delle relazioni e afferma che la famiglia è diventata più suscettibile all’instabilità e alle pressioni esterne, riducendo così la sua capacità di offrire quella sicurezza fondamentale per lo sviluppo psicologico equilibrato dei bambini. Queste analisi sono coerenti con la Teoria dell’attaccamento, che suggerisce che la mancanza di stabilità e continuità nei rapporti familiari possa avere effetti negativi sullo sviluppo emotivo e psicologico dei bambini.

Cambiamento del ruolo genitoriale

Un altro tratto fondamentale della società contemporanea è il focus eccessivo sull’individualismo, il successo personale e la ricerca dell’autorealizzazione e dell’eterna giovinezza.

Nella società odierna, i genitori tendono a voler apparire più giovani dei propri figli, il che appiattisce e trasforma un rapporto che dovrebbe invece basarsi sul riconoscimento dei ruoli. Non esiste più una guida, un punto di riferimento saldo. I genitori stanno diventando servitori dei loro figli: incapaci di dire no, di guidare attraverso l’esperienza anziché l’autoritarismo. Il nuovo modello educativo è caratterizzato da permissivismo, privo di limiti chiari e regole per i figli. Molti genitori moderni percepiscono i limiti come forme di oppressione o temono che proibire qualcosa possa ostacolare lo sviluppo personale dei figli o causare una frattura nel rapporto.

Tra genitori e figli si stipula una sorta di patto non detto: “C’è un armistizio: ”io ti faccio fare quello che vuoi, tu non mi infliggi la tensione di un conflitto”. I genitori hanno paura, sono spaesati: paura di limitare l’autonomia dei figli con le restrizioni e i no. I genitori indietreggiano per la paura del conflitto. L’armistizio comporta non solo una forma di ricatto reciproco e un livellamento dei ruoli, ma anche l’annullamento del desiderio di autonomia e della voglia di recidere i cordoni. Tutto ciò incide pesantemente sulla disciplina, creando un’ambiguità dannosa per lo sviluppo dei giovani.

La flessibilità e l’approccio più amichevole dei genitori contemporanei possono quindi portare a risultati ambigui, prima tra tutti la mancanza di confini chiari tra le generazioni e i ruoli.

I figli e le nuove sfide evolutive

In tale complessità si inserisce la posizione dei giovani adulti e degli adolescenti, che non devono più affrontare l’autorità genitoriale, come accadeva in passato, quando l’individuazione avveniva con rabbia attraverso l’atto di ‘uccidere il padre’ simbolicamente. Non è infatti più possibile definire se stessi attraverso l’opposizione con l’adulto: la trasgressione non è più compito evolutivo. La sfida principale invece è nel gestire la delusione delle aspettative createsi nell’infanzia, quando il bambino era il ‘cucciolo d’oro’, bellissimo, performante, dalle mille qualità.

Strade disfunzionali

Il rischio è che al termine dell’infanzia il preadolescente, abituato ad essere al centro del tessuto relazionale familiare ed iperinvestito di attenzioni,  può evolvere in due strade disfunzionali:

A) o percepisce se stesso come deludente, incapace di reggere il confronto con i canoni odierni e le aspettative genitoriali;

b) o sviluppa un’ideale di sé ipertrofico, che però nasconde una fortissima fragilità (Vedi: ADOLESCENTI: I SUPEREROI FRAGILI DELLA NUOVA ERA)

Nel primo caso, l’adolescente non riesce a confrontarsi con il genitore non perché ne tema le reazioni, ma perché è angosciato dalla possibilità di deluderlo, di non corrispondere alle aspettative che questi ha riposto in lui. Si manifesta così il dramma del genitore di oggi: iperprotettivo e accudente nell’infanzia, si trova durante l’adolescenza a gestire le difficoltà di un figlio fragile, sopraffatto dal senso di inadeguatezza e sempre più lontano.

Nel secondo caso, l’adolescente si pone come colui che conosce come va il mondo molto più dei genitori e quindi si prende beffa di loro, li contrasta e li fa sentire inadeguati. Spesso tende a prendersi il cosiddetto anno sabbatico, che a volte perdura nel tempo. Il nido caldo che i genitori gli hanno costruito attorno diventa il luogo dove l’adolescente si accomoda per evitare di affrontare le frustrazioni sociali a cui non è stato affatto abituato. I genitori, anziché spronarlo continuano ad assumere un atteggiamento di servilismo schiacciati dal senso di colpa: attribuiscono infatti l’immobilità del figlio a qualche loro mancanza e il comportamento del figlio nei loro confronti li rafforza di questa convinzione. Ne nasce un circolo vizioso che crea una sorta di bolla pericolosa dove genitori e figli rimangono congelati a volte anche per anni.

Educare al fallimento

La crescente mancanza di una guida chiara nell’identità, insieme alle aspettative sociali, contribuisce a una crisi identitaria diffusa tra gli adolescenti. Il mancato supporto nella navigazione di queste sfide può portare a una società dissociata, incapace di educare al fallimento e alla sofferenza. La società moderna promuove infatti la cultura dell’eccellenza in cui il successo è misurato da parametri specifici come realizzazioni accademiche, ideali fisici e successi professionali. All’interno di tale concezione esistenziale non trovano posto concetti come il fallimento, la fatica e la frustrazione.

Numerosi studi hanno invece evidenziato come educare al fallimento sia fondamentale per mettere gli individui in grado di affrontare le sfide dell’esistenza in modo resiliente e competente. All’interno di tale visione il fallimento è parte integrante della crescita personale di ogni persona. I ragazzi hanno bisogno di affrontare delle difficoltà, di misurarsi con regole e limiti per costruire la loro personalità e crescere come adulti autonomi e responsabili.

Educare al fallimento, insieme a una percezione più realistica e meno focalizzata sulle prestazioni del figlio, favorirebbe lo sviluppo di processi di definizione dell’identità più equilibrati e autentici.

Vedi anche:

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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