Aborto spontaneo: dare voce al proprio dolore

Il silenzio non è la strada per superare il trauma di un aborto precoce. E’ importante dare voce al proprio dolore.

“Non c’è battito. L’attesa si è interrotta”. Poche parole che segnano la fine di un sogno, il più bello, quello di diventare madre. Poche parole che, giunte all’improvviso in occasione di un controllo di routine o arrivate a confermare qualche sintomo sospetto, suonano come una condanna. La gravidanza si è interrotta, non avrai questo bambino, non potrai stringerlo tra le braccia, nutrirlo con il tuo latte, accudirlo. L’aborto spontaneo e il conseguente dolore emotivo non sono argomenti di cui si parla volentieri.

Un dolore minimizzato dagli altri

Il dolore di un aborto spontaneo è un dolore che la società tende a minimizzare, ignorare, banalizzare. Di fronte ad un aborto precoce la tendenza più diffusa è quella di incoraggiare la coppia a “riprovare subito”. L’assenza o la scarsità di ricordi condivisi con il bambino morto rendono il lutto nell’ aborto precoce un lutto poco condivisibile all’esterno e poco riconosciuto.  E’ per molti un argomento scomodo di cui parlare e per altri un momento passeggero, che la donna supererà senza problemi, e per tale motivo non meritevole di troppa attenzione. Pertanto l’evento di perdita, profondamente vissuto nell’intimo delle madri e dei genitori, può risultare poco comprensibile all’esterno perché si piange un bambino “sconosciuto” al mondo.

Chi ha vissuto questa esperienza spesso viene ferito da quelle frasi di “non consolazione”, che provocano ulteriore dolore nella donna: «Per fortuna eri incinta solo di tre mesi», «Vedrai che ne avrai altri» o «Hai già un bimbo», «Sono cose che capitano». Tutte frasi pronunciate con le migliori intenzioni, per carità. Ma che, anziché accogliere e riconoscere il dolore, sembrano sminuirlo, dando alla donna l’impressione di non essere compresa, di essere sola. Proprio nel momento in cui, invece, avrebbe più bisogno di vicinanza, empatia, affetto.

Conseguenze psicologiche dopo un aborto spontaneo

Il lutto prenatale è un lutto composito in quanto vi è la perdita di una persona unica, nata a livello immaginario, scomparsa prima di essere attivamente conosciuta, seguito dal fallimento esistenziale della capacità di conservare e di mettere al mondo la vita. Si tratta, di un evento inaspettato e soprattutto innaturale che si può tradurre in un senso di perdita della propria capacità di generare, di mettere al mondo una creatura: la madre sente di aver fallito come donna, può odiare il suo corpo e in generale se stessa per la sua incapacità nel generare vita.

La tristezza, l’agitazione, la collera, la frustrazione di fronte a qualcosa che non si può cambiare, sono tutte reazioni fisiologiche, assolutamente normali quando ci si trova ad affrontare un evento luttuoso. Non resta che vivere queste emozioni e darsi tempo.

Il senso vuoto

Per la madre il bimbo è parte di sé, quindi la sua perdita è come se comportasse la perdita di una parte di se stessa ed è pertanto accompagnata da un forte senso di vuoto. E’ una sensazione fisica ed emotiva. Fisica perché senti che qualcosa non c’è più, che pian piano scompaiono quei segnali corporei che ti avevano “annunciato” l’avvio di una gravidanza, che ti verrebbe di carezzare il bacino ma ora sentiresti ancora di più il vuoto.

A livello emotivo l’aborto spontaneo, irrompendo violentemente come un ‘terremoto psichico’ nella mente della donna, viene vissuto come un evento traumatico e scioccante, che cancella in un attimo tutti questi processi già avviati. Di colpo la donna non sa più a chi dare tutto l’amore che fino a quel momento aveva riposto nel bambino e vede stravolte le dinamiche naturali della vita, perché si trova davanti ad un ‘lutto senza nascita’”. Prova un senso di vuoto, associato ad una grande tristezza per tutto ciò che si era già immaginata e che non potrà realizzarsi. 

Le reazioni possono essere differenti e anche contrastanti: alcune donne vengono pervase da stati di angoscia, di apatia o di lieve depressione; altre, nel tentativo di evitare di pensare all’accaduto, possono manifestare la tendenza a tenersi estremamente occupate fisicamente e mentalmente, con momenti di iperattività in cui non si riesce quasi a stare ferme. 

Trovare i propri tempi

Quando una donna perde un bimbo, in qualunque epoca dell’attesa, deve affrontare un percorso che, con i suoi tempi e i suoi modi, la porterà a elaborare la perdita. Quantificare questo tempo, naturalmente non è possibile. Ogni donna è diversa. C’è chi, nell’arco di alcune settimane, si sente pronta per cercare una nuova gravidanza e chi sente di aver bisogno di un periodo di lutto più lungo. Ma in una società che va di corsa come la nostra, sembra quasi che questo tempo non ci sia. Bisogna riprendersi, mostrarsi forti, in gamba, efficienti, al più presto. La perdita? Un incidente di percorso. Si riproverà.  Ma non è così che funzionano la mente e il cuore. C’è un momento per soffrire e un momento per stare meglio. Cercare di accelerare le cose, spingere la donna a saltare le tappe, non risolve il problema più rapidamente. Le emozioni ignorate o negate restano lì, in sospeso, a pesare sul cuore che non ha avuto modo di sfogarle e rielaborarle. 

Paura di dimenticare

Può accadere che, con il passare dei giorni, mentre la donna pian piano si accorge di star meglio, possa temere di dimenticare. Questo timore è in genere causa di un intenso disagio: piuttosto che dimenticare, meglio continuare a soffrire o rinunciare a future gravidanze. Ma il rischio di dimenticare, in realtà, non esiste

Le donne che hanno subito un aborto non dimenticano. Sono donne a cui il trascorrere del tempo non ha rubato alcun ricordo, che sanno dire quanti anni avrebbe oggi quel figlio perso e il periodo in cui sarebbe dovuto nascere. Sono donne che mentre dicono quanti figli hanno, sentono il loro pensiero volare là, al loro bambino speciale che non hanno potuto abbracciare, ma che c’è, fa parte di loro e della loro storia di madri.

Come comportarsi con una mamma che ha perso un bimbo?

Beh, per cominciare, si potrebbe evitare di far finta di niente. Altra tentazione assai comune in questi casi. Forse perché si tende a pensare che, chiedendo alla donna come sta, accennando all’argomento, le si farà tornare in mente quanto accaduto. In realtà, lei ha già ben vivo in mente ciò che è accaduto e poterne parlare, poter “tirare fuori” le emozioni le sarebbe di grande aiuto.

Certo, accogliere il dolore degli altri non è mai facile, soprattutto per chi è cresciuto in una società spaventata, impreparata di fronte a certi argomenti, tanto da renderli dei tabù. Si ha l’impressione di non avere le parole, di non sapere cosa dire. Ma in casi come questi non è necessario trovare le parole, è sufficiente saper ascoltare!

Come superare il trauma dell’aborto spontaneo

Ecco alcuni consigli su come superare un aborto spontaneo:

  • Condividi il dolore. Il principale consiglio per superare un aborto è quello di non chiudersi in se stesse ma esternare il disagio psicologico che si sta vivendo, soprattutto con il partner, per condividere con lui questo momento di dolore, dividere il peso della sofferenza e l’opportunità del recupero riconoscendo queste emozioni anche negli occhi dell’altro, in modo da non sentirsi sole e affrontare, fin da subito, l’elaborazione del lutto.
  • Prenditi il tempo per elaborare il lutto. L’aborto spontaneo, come qualsiasi altro lutto improvviso e inaspettato, richiede tempo per l’elaborazione.
  • Circondati di calore e affetto. È fondamentale anche il contributo di chi circonda la coppia, come i nonni o gli amici intimi, per sentire quel calore e quell’aiuto anche nelle faccende pratiche.
  • Prendi appuntamento con uno psicoterapeuta. Se l’elaborazione del lutto non avviene naturalmente ma il malessere persiste è consigliabile rivolgersi ad uno psicologo o a uno psicoterapeuta, senza vergognarsi di quel che si prova. Il sostegno psicologico dopo un aborto spontaneo può essere di grande aiuto!

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Dr.ssa Cinzia Frontoni

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