All’improvviso il bambino dolce e timido si è trasformato in un ragazzino incomprensibile e scontroso. E’ arrivata l’adolescenza! La pubertà segna l’inizio di un periodo molto delicato, sia per i ragazzi, sia per gli adulti che stanno loro intorno, ma (e questa è la bella notizia) è anche una fase della vita straordinaria, caratterizzata da un potenziale che non avrà più uguali nel corso della vita e durante la quale gli ex-bambini “fioriscono” e si avviano verso l’età adulta. I figli-bambini sono diventati adolescenti: in altre parole, e in molti casi, alieni, travolgenti, ingestibili. Da quel momento il difficile mestiere di genitore diventa difficilissimo.
Come sopravvivere?
Occorre innanzitutto sfatare tre falsi miti:
Il primo: non è vero che se i ragazzi si comportano in modo “folle” è esclusivamente e direttamente colpa degli ormoni.
Certamente vi è un aumento dei livelli di alcuni ormoni ma a determinare ciò che chiamiamo adolescenza, è soprattutto il cervello. I processi cerebrali che governano il controllo cognitivo del comportamento, in questi anni non sono infatti ancora maturi ma in via di trasformazione.
Gli adolescenti non sono, quindi, manipolatori irresponsabili che vogliono renderci la vita impossibile. Più semplicemente, non sono in grado di comportarsi diversamente perché sono alle prese con trasformazioni neurobiologiche inevitabili. In una parola, ragionano con le emozioni. I ragazzi sono in balia della propria sfera emotiva e non riescono a gestirla. Esprimono con il corpo e l’azione ciò che non riescono a comunicare con le parole: alcuni scaricano questa tensione emotiva all’esterno, con ribellioni verbali e fisiche spesso violente e incontrollabili, altri la riversano su se stessi con il silenzio, la chiusura e l’isolamento
Secondo: non è vero che l’adolescenza è un periodo di immaturità, quindi bisogna solo aspettare che passi.
In attesa che le acque della tempesta adolescenziale si calmino, i genitori devono navigare a fianco dei ragazzi, magari stando dietro di loro per guidarli e farli arrivare a destinazione senza troppe ferite. Per questo la presenza degli adulti è fondamentale.
Terzo: non è vero che gli adolescenti devono passare dalla dipendenza dagli adulti a una totale indipendenza.
L’obiettivo dei teenager non è affatto liberarsi dai genitori che “rompono” o “non capiscono niente”. In realtà si aspettano di non essere mai abbandonati. Anche gli adolescenti, infatti, sono spaventati. Si sentono fragili, insicuri, in lotta con se stessi e con il mondo circostante. Hanno difficoltà quotidiane con i genitori, gli insegnanti, i coetanei.
Quest’età “sconsiderata”: è anche una straordinaria opportunità per aiutare i figli a crescere!
Gli adolescenti lamentano ansie legate ai grandi cambiamenti (fisici, psicologici, relazionali…) e soffrono per l’impossibilità di controllarli, sono preoccupati per la propria immagine, non si sentono all’altezza delle situazioni e delle aspettative esterne. Sono persi in un mondo che offre loro tanti stimoli e possibilità, ma in cui non trovano riferimenti stabili.
Anche i genitori, che vorrebbero aiutarli, sono spaventati. Provano lo stesso smarrimento, la stessa sensazione di incapacità e fallimento dei loro figli, perché non riescono a capirli e a comunicare con loro.
Come genitori siamo chiamati a stare davanti, di fianco e dietro a nostro figlio. Tutto dipende dalla situazione e occorre valutarla con attenzione. È importante, per esempio, stare davanti al figlio per proteggerlo dai pericoli che devono essere chiari per l’adulto. In questa posizione, il genitore segna un po’ il percorso, dice dei ‘no’ e rappresenta una bussola per il figlio. A volte, invece, è preferibile essere di fianco al figlio: un approccio amichevole, di tanto in tanto, è molto utile, ma non bisogna esserlo tutto il tempo e in ogni occasione. Occorre anche, in alcuni casi, che il genitore stia dietro al figlio e gli dia una spinta. Magari, perché non si sente all’altezza o non ha la forza per esplorare. In questo modo, i progressi aumentano sempre più, questo significa diventare grandi
Cosa fare dunque con i figli?
La parola chiave in adolescenza è immedesimazione. Per capire cosa passa loro per la testa, dovremmo in primo luogo ricordarci come è stata la nostra adolescenza; in secondo luogo, sforzarci di metterci il più possibile nei loro panni.
Cercare di comprendere i motivi che portano gli adolescenti ad agire o reagire in un determinato modo è la chiave per mantenere sempre aperta la porta del dialogo e far sentire ai figli che mamma e papà ci sono sempre, anche quando non sono d’accordo o, come è giusto che sia, devono comunque mettere dei limiti e dire dei no.
Aiuta anche il confrontarsi con altri genitori di figli adolescenti che si trovano in situazioni simili e sapere che si tratta di un periodo di crisi che ha tempi lunghi. Serve anche accettare le critiche dei figli adolescenti, i musi lunghi, gli sfoghi. E poi è utile condividere le loro passioni, come la musica ascoltata a volume troppo alto o i film che guardano come se fosse una terapia al loro male di vivere.
Il dialogo è fondamentale.
E’ anche importante non cedere a tutte le richieste dei figli adolescenti. Bisogna negoziare: ogni adolescente dovrebbe negoziare (e quindi, confrontarsi, e discutere) con l’adulto le sue conquiste. Se il genitore cede a ogni tipo di richiesta e dà tutto subito a 15 anni, senza mettere dei paletti, non ci sarà più modo di farlo successivamente. Vedi anche: i figli e l’autonomia.
L’atteggiamento del genitore dovrebbe cambiare nei confronti dei figli in base alla situazione o al problema da affrontare. Un approccio sempre rigido, solo protettivo o troppo amichevole non si presta bene a ogni diverso momento della vita di un adolescente
SEGNALI D’ALLARME
Ma come capire se certi comportamenti a rischio sono causati solo dalla turbolenza adolescenziale o se è il momento di rivolgersi a esperti per chiedere aiuto? Nel caso in cui i comportamenti antisociali (episodi di vandalismo, furti, violenze, uso di sostanze stupefacenti o di alcolici) siano accentuati e persistenti. Soprattutto, se i problemi di comportamento cominciano già alla materna o alle elementari.
Di solito, di fronte a ragazzi problematici, la prima reazione della famiglia, ma anche della scuola, e nei casi estremi del tribunale, è spaventarli, colpevolizzarli. Reazioni legittime, ma che, secondo gli esperti, non solo non ottengono risultati, ma sono controproducenti.
Se succede, per esempio, di trovare uno spinello nello zaino del ragazzo o di scoprire che non va a scuola, bisognerebbe cercare di capire “perché lo fa”. Certi comportamenti, infatti, vanno subito interpretati come segnali d’allarme da prendere in esame anche con l’aiuto di psicologi e psicoterapeuti esperti in adolescenza.
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